Saša Makarová: Una mappa relazionale



di Isabella Falbo



Di formazione praghese e viennese d’adozione Saša Makarová con la sua pratica pittorica sembra seguire gli obbiettivi di un’arte figurativa neoumanistica di matrice prettamente tedesca, caratterizzata da una forte espressività.


All’interno del complesso panorama artistico attuale che include, nel suo rinnovarsi, il recupero del passato, l’opera di Makarová svela a colpo d’occhio il suo forte legame con la solida tradizione dell’Espressionismo, riletto con forte coscienza contemporanea. 


Indirizzando sé stessa come soggetto privilegiato della sua pittura, mettendo in rilievo l’importanza dell’espressione psicologica, utilizzando colori forti e ricchi di contrasto ed  evocando, nel gesto pittorico intenso e fisico, predecessori come Adolf Frohener, Saša Makarová diviene protagonista della scena artistica internazionale collocandosi in un ambito che possiamo definire "neoespressionismo al femminile”.


Il corpo nel neo espressionismo della Makarová non è più strumento di rivolta né luogo di prigione esistenziale, non è più indagato nei suoi limiti fisici e psichici o sottoposto a tensioni prodotte dall’indifferenza e dal perbenismo, ma diviene espressione del desiderio femminile.

Nella trentina di grandi tele, ritratti ed autoritratti caratterizzati da un profondo spessore psicologico dove le vibrazioni del colore traducono l’intensità delle emozioni, è la sensualità ad emergere, un’orgogliosa ostentazione femminile, che l’artista rintraccia nella società occidentale odierna dove il rapporto fra i sessi è ampiamente mutato.

Opere come Viene qualcuno?, Dominatrice, Baccante, mantengono un impatto forte sull’osservatore ma invece di trasmettere angoscia esistenziale, al contrario appaiono come tentativi di placarla. Lo spettatore è complice, non più per incarnare i limiti massimi delle esperienze corporali, ma nel tentativo di ri-costruire un sistema ideologico e di valori. 


Dal punto di vista tecnico, Saša Makarová appare perfettamente in linea con gli stilemi del primo neoespressonismo, quello che si sviluppò alla fine degli anni ’60 in Germania con Anselm Kiefer, Georg Baselitz, A. R. Penk e si affermò negli anni ’80 nel resto d’Europa e negli Stati Uniti con, tra gli altri, gli italiani Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi e gli americani Julian Schnabel e David Salle, attraverso l’adozione di una pittura materica, di una figurazione istintiva  e dall’uso del colore denso steso sulla tela a pennellate secondo una logica di forti contrasti cromatici.

Nell’ultimo decennio abbiamo assistito alla presenza forte della pittura, molta della quale caratterizzata da pulizia e perfezione da diario realista, staccata dall’emozione immediata o dalla fisicità incontrollata stridente con organi di senso raffinati ed abituati alle immagini di altissima risoluzione dei nostri schermi higt tech. 

Ci sono state comunque delle eccezioni, Jenny Saville più palesemente ed Elizabeth Peyton più delicatamente, ma è con la pittura della provocante Cecily Brown che Saša Makarová appare condividere gli stilemi di questo neoespressionismo al femminile provando nella tattilità leggera e nella tematica erotica di un’opera come Bathing in poppies un punto di contatto.


Nell’azione di recupero delle lezioni del passato, Makarová non poteva trascurare riferimenti tratti dalla storia dell’arte antica e moderna che appaiono nella serie di autoritratti, come ad esempio Sono come una regina con ripresa dell’iconografia bizantina e Sono perplessa, dai caratteri preraffaelliti. Nella riproposta di soggetti estrapolati dalla letteratura antica come Amore e Psiche, da testi sacri come Adamo ed Eva e L’Annunciazione, dal teatro d’opera come Carmen.

In tele come Mi dici la verità?, Ho paura, Questa è casa mia, La notte  è  lunga, Sogni scoppiati, immaginari privati scaturiscono dal vissuto facendosi interpreti di idee e fantasie dell’artista, il grado di visionarietà sembra accentuarsi in opere come Carcerati e Finalmente a casa.

In tutta la pittura di Makarová il realismo si unisce al simbolico e la finalità narrativa si unisce a quella evocativa dando luogo ad un complesso registro compositivo che, in ultima analisi, sembra restituire quella che appare come propria, intima mappa relazionale dell’artista.



ISABELLA FALBO, testo critico della mostra Sono così innocente, personale di Saša Makarová. A cura di Isabella Falbo e Roberto Roda. Ferrara, Museo del Risorgimento e della Resistenza, gennaio 2009; Feltre (Belluno), Galleria De Faveri Arte, settembre 2008, Cento (Ferrara), civica Galleria d’arte moderna “Aroldo Bonzagni”, maggio, 2008. In SAŠA MAKAROVÁ, Sono così innocente, a cura di Isabella Falbo e Roberto Roda, Mantova, Editoriale Sometti, maggio 2008